lunedì, gennaio 12, 2015

#AMERICANSNIPER l'oscuro crepuscolo filmografico di Eastwood

AMERICAN SNIPER (C. Eastwood 2014)
Voto complessivo: 6
Al di là di certi obblighi verso la famiglia* del cecchino Kyle e la sua America patriottica - ingiustificabili non tanto politicamente quanto in termini di dignità cinematografica - forse Clint Eastwood voleva che "American Sniper" fosse davvero privo di un giudizio morale intrinseco e lasciare la palla in mano allo spettatore. Non è malvagio Clint, ma semplicemente lo è il mondo che ritrae e a suo parere probabilmente non c'è bisogno di evidenziarlo in modo ancor più esplicito. 

Chris Kyle, un Bradley Cooper senza ombra di dubbio accalappia-Oscar, con 18 kg convertiti in muscoli militareschi, non è contento di ciò che fa in Iraq. Non ama uccidere, anche se è un professionista meticoloso e precisissimo che riuscirà a far fuori 'il Macellaio' ad una distanza sovrumana. Si fa arbitrariamente travolgere nel vortice dannoso della guerra perché è fiero di difendere e lenire le ferite dell'America post 11 settembre.  I segni di un disturbo depressivo sono imminenti sin da subito, sopraggiungendo molto prima del suo ritiro e ritorno a casa. Tuttavia, lui riga dritto e non batte mai ciglio, eccetto in due casi in cui perde il controllo.


Chris non sa come comportarsi dinnanzi a un bambino che impugna un'arma. Ma per il resto, dove sta il dissidio del soldato se ci sono solo pochi accenni a questa problematica tutta militare? Si poteva fare molto di più. Chris ama l'America ed è disposto a fare di tutto, anche uccidere una donna e un bambino (vedi sequenza inziale) pur di portare a compimento il suo lavoro. Nella seduta dallo psicologo mette in chiaro che il suo unico rimpianto è di non aver salvato abbastanza compagni. Chris è quindi nella prospettiva statunitense un eroe punto e basta, non traspare molto altro e in quella della finzione filmica è anche un po' supereroe: nulla ci vieta di pensare che la scena dell'uccisione del Macellaio con quel focus rallentato sul proiettile sia un chiaro riferimento alla filmologia fanta-supereroistica di stampo matrixiano-marvelliano dell'ultimo decennio. 

Il film, diciamolo, regge benissimo nelle parti di guerra. È un ottimo war movie con un'immagine limpida e cerulea quanto l'occhio di Bradley che scorgiamo nel suo mirino-lente deformante. C'è un momento in cui questa limpidezza viene a mancare, diventa un mare di sangue e nebbia, nella notevole sequenza della tempesta di sabbia
Ad essere problematico è il segmento riguardante la sua vita privata. Fa molta acqua: le premesse c'erano, ma facendo una citazione scolastica, Clint Eastwood non si è applicato. Perdiamo per strada personaggi importanti per Kyle: il padre che lo indottrina all'inizio del suo viaggio, il fratello che si arruola a sua volta, che fine fanno? Sienna Miller nel ruolo della moglie non ce la fa e l'avvenenza non basta. Ridicole, ma soprattutto inverosimili le scene in cui i due comunicano via cellulare mentre Kyle è a lavoro sul campo. Se la sindrome da stress post traumatico è abbastanza credibile, anche se poco approfondita, non si dà il giusto peso alla sua troppo repentina guarigione. Come nulla fosse, passa tutto e per di più proprio sulla sua triste morte non si dà nessun insight o sguardo cinematografico che faccia comprendere la complessità del tema trattato dal film. Clint getta così la spugna e conclude il film nel modo più melenso e raccapricciante possibile. Certo, gli americani lo adoreranno e piangeranno. Io rimpiango il Tommy Lee Jones di  "Tra Cielo e Terra" di Stone e "Nella Valle di Elah".

Eccetto qualche caso un po' più eclatante, Eastwood nonostante il suo schieramento politico si è sempre tenuto alla lontana da una politicizzazione vera e propria, anche se ha fatto molti film impegnati. Ci ha sempre restituito sguardi soggettivi multi-prospettici come quelli offertici in "Letters from Iwo Jima" e "Flags of our fathers", ma anche "True Crime - Fino a priva contraria". Quindi, dopo un iniziale tentennamento dinnanzi a questa sua ultima opera, scopro un volere chiarissimo nel non esporsi non tanto per paraculismo, ma perché il cinema deve parlare da sé e il pubblico deve fare la sua parte. Non basta però e il film perde tanta forza, che invece avrebbe potuto trasmettere con un messaggio più chiaro sulle missioni di guerra intraprese dagli U.S.A. Ma forse Clint non è interessato a tutto ciò o non crede valga la pena quando si può vincere facile realizzando un biopic su un mito indiscusso della cultura statunitense.


*
Nota: ieri nel leggere questo trivia su IMDB.com e nella fretta traducendolo non mi sono accorto del madornale e mancato Condizionale, chiedo umilmente scusa, ma su twitter ancora non c'è la correzione dei tweet e ciò avrebbe significato cancellare e ripubblicare la cosa a distanza di diverse ore.

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3 commenti:

  1. Ho visto anche io il film e mi ritrovo in tutto quello che dici! certo sono lontani i film di guerra degli anni '80...penso al cacciatore, a platoon, ma forse allo stesso full metal jacket, dove c'erano immagini crude di guerra ma erano presentate le diverse idee, c'era sempre qualche storia "mielosa"se pur nella crudeltà che può essere una guerra e un soldato non era un supereroe, mi sbaglio?

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  2. Non sbagli affatto! Qui viene presentata una realtà in tutto e per tutto come è, non si pongono giudizi morali di nessun tipo, devi essere tu a "giudicare"... Almeno io attualmente la vedo così. Poi possiamo anche stare ore a dire che sembra un po' un film fatto apposta per gli americani (e quindi un bel ECCHISSENE ci sta tutto), apposta per vincere qualche Oscar (non a caso, ha ricevuto più di una nomination). Di film recenti da vedere con lo stesso approccio consiglierei "Nightcrawler - Lo Sciacallo". Ne parlerò sicuramente, non so ancora sé in video, se qui o su twitter. Grazie della visita: iscriviti al blog se ti va!

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