venerdì, aprile 25, 2014

NOAH - Il kolossal misantropo di Aronofsky

NOAH (D. Aronofksy 2014)
Voto complessivo: 6 e mezzo

"Noah" è un progetto che è stato nella mente di Darren Aronofsky per lungo tempo: sin da piccolo lo ha affascinato in particolare l'episodio biblico di Noè e la sua arca salvifica. Ha oltretutto già affrontato temi di interesse spirituale in "Pi greco" e "The Fountain": con questa pellicola, dopo le parentesi da pioggia di premi aperte con "The Wrestler" e "Cigno nero" il cerchio si chiude in qualche modo. Si avverte il suo amore per questa storia più che altro in tutto il secondo atto.

Nel primo, allontanandosi in modalità fantasy dal testo originale, ma senza eccedere troppo, c'è l'uso obbligato degli effetti visivi in computer grafica da parte della storica Industrial Light & Magic, in particolar modo per la rappresentazione del mondo animale e dei Vigilanti, angeli caduti mutatisi in roccia - anche se l'arca è stata veramente costruita in un set a dir poco magnifico. Tuttavia è pura superficie, che viene poi mostrata nel trailer ingannevole, perché il diluvio si compirà in modo concitato e breve, per lasciare alle proprie spalle l'umanità, materialmente e metaforicamente...

Da qui in poi ci si sofferma sul dramma di Noè e della sua famiglia. Noè ha un compito ben preciso, quello di costruire l'arca per salvare gli animali "puri", ma sembra non avere alcuna intenzione buona per quanto riguarda la propria famiglia: proprio perché vive con tutto il peso delle colpe degli uomini malvagi che porta su di sé, è convinto che lui e i familiari non siano degni di portare avanti la razza. Con l'introduzione di un personaggio inventato, Ila (Emma Watson), compagna innamorata di uno dei figli che vorrebbe avere un bambino, ma che solo apparentemente non può, Aronofsky catalizza ancora di più questo conflitto di Noè trasformandolo in un'ira folle e violenta che proietta su di lei quando si scopre "miracolosamente" incinta e anche sugli altri membri della famiglia, rischiando di mettere a repentaglio la sopravvivenza degli ultimi uomini rimasti in vita. Questo Noè crudele e misantropo è molto bello e interessante. Russel Crowe, come altri superdivi di Hollywood, dà la prova che il tempo gioca a suo favore e come il buon vino, invecchiando migliora, dando interpretazioni veramente buone.



Le comprimarie femminili, Jennifer Connelly e la già citata Watson sono personaggi controversi e difficili, forse per questo si è calcata troppo la mano risultando forzate nell'interpretazione. L'omaggio all'inossidabile Hopkins nel ruolo del nonno "stregone" Matusalemme, sembra un po' fuori luogo, ma fa comunque piacere vederlo ancora in azione. L'aspetto visivo c'è tutto, le location islandesi sono perfette. La colonna sonora è pomposa, ma efficace. Darren Aronofsky ha affermato che con questo film non ha voluto semplicemente salvare una famiglia, ma l'umanità. Personalmente se di spiritualità in me non c'è una sola goccia, il diluvio emotivo c'è stato eccome. Guardate "Noah" senza fare troppe elucubrazioni inerenti alla accuratezza biblica, godete delle sue qualità. Oltretutto, il film, in un racconto sintetico sulla Creazione, montato in modo impressionante come se fosse un videoclip musicale, si è preso la briga di mantenere la delega a Dio come responsabile della nascita della vita e dell'uomo, tuttavia è stato molto "scientifico" nella sua rappresentazione. Coraggioso.

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